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Cos’è il Mobile CRM

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MOBILE CRM

Negli ultimi anni, al concetto di mobile user acquisition si è affiancato sempre più autorevolmente quello di user retention, e con esso anche il concetto di mobile CRM e mobile customer engagement.

Cosa è il mobile CRM?

Con il termine mobile CRM – letteralmente mobile customer relationship management – si indicano tutte le attività di comunicazione e di engagement con gli utenti che hanno scaricato un’app, attraverso canali di messaggistica su dispositivi mobili, sia all’interno che all’esterno delle app, mirati all’engagement della base utente con l’app stessa.

Perché il mobile CRM è importante?

Le aziende utilizzano il mobile CRM per offrire esperienze di brand, supportare gli obiettivi di business, come ad esempio stimolare gli utenti a compiere le azioni desiderate (registrazioni, acquisti, etc.) ma soprattutto per costruire preziose relazioni a lungo termine con i clienti. Tramite mirate campagne di mobile CRM, infatti, gli sviluppatori di app possono aumentare i tassi di retention e di conversione, aumentando LTV della propria base utenti

I canali del mobile CRM

A seconda del tipo di messaggio e della lunghezza del messaggio che vogliamo passare ai nostri utenti, abbiamo a disposizione tre principali modalità di comunicazione: notifiche push, messaggi in-app e email. Un quarto potrebbe essere rappresentato dagli SMS, che però stanno cadendo in disuso.

Notifiche push

Consegnate alla schermata di blocco del telefono o tramite un banner di avviso sullo schermo, le notifiche push reindirizzano gli utenti verso l’app tramite adeguati deep-link e sono ideali per informazioni sensibili al tempo. Possono essere inviate in base ad elementi quali la posizione, il periodo della giornata, ma anche il comportamento in-app. Le notifiche push mirate ottengono un maggiore coinvolgimento delle app mobili (circa un tasso di risposta 4-7 volte superiore) rispetto allo stesso tipo di comunicazione effettuato tramite campagne di re-engagement classico (tramite retargeting sui social o su DSP), ma possono essere inviate agli utenti solo dopo che essi, in particolar modo quelli iOS, hanno acconsentito a ricevere notifiche di questo tipo (push notification opt-in)

In-app message

La messaggistica in-app fornisce messaggi semplici formati da testo e talvolta immagini, i quali vengono consegnati direttamente dentro all’applicazione all’apertura della stessa. Poiché tali messaggi vengono consegnati nella nostra app, non è necessario l’opt-in degli utenti per essere in grado di inviarli, quindi abbiamo la possibilità di raggiungere la maggior parte della nostra base utenti. Per questo motivo, i messaggi in-app rappresentano un ottimo complemento per le notifiche push, ma non possono definirsi sullo stesso livello poiché non possono stimolare l’apertura dell’app.

E-mail

Come le notifiche push, anche le email rappresentano un potente metodo di comunicazione con i nostri clienti, soprattutto per quelli che non hanno ancora effettuato l’opt-in a ricevere le push notification. In questa chiave di lettura, le email sono particolarmente importanti per tutte quelle comunicazioni transazionali (conferma il tuo account, controlla il tuo ordine, ecc) e sono importanti perché, rispetto alle notifiche, ci consentono di veicolare messaggi ben più lunghi e articolati.

 

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Mobile CRM: From Zero to Hero – Racconto del Webinar

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Giovedì 25 Giugno è stata un’altra bella giornata per Mobile Marketing Italia, per il Mobile Marketing in generale e per il tema del Mobile CRM.

Oltre ad aver partecipato al Digital Convergence Day 2020 con un intervento di Luca Mastrorocco, l’altro nostro co-founder Lorenzo Rossi era impegnato in un Webinar online organizzato da LEANPLUM e REPLUG, durante il quale è stato affrontato l’importante tema della Customer Engagement per applicazioni mobile.

Al webinar, dal titolo MOBILE CRM – FROM ZERO TO HERO, hanno partecipato – oltre appunto a Lorenzo Rossi in veste di Co-founder di REPLUG – anche Sebastian Michel, Head of Growth di MyPostcard e Jacopo Vescovi, Marketing Lead a Bending Spoons, con la moderazione di Lisa Wurden, EMEA Marketing Lead at Leanplum.

I temi del Webinar

L’obiettivo del webinar era quello di illustrare tutto il lifecycle della crescita di un’app mobile, dal momento della pubblicazione dell’app sugli store fino al momento del bisogno di iniziare le attività di CRM, con particolare attenzione agli step da intraprendere in fase di implementazione e alle best practice per impostare le prime campagne.

From Zero to… Mobile CRM

La prima presentazione è stato proprio del nostro co-founder, il quale, dopo aver illustrato i dati relativi al tasso di retention (e di abbandono) medio degli utenti mobile, ha spiegato come il CRM può aiutare a migliorare questi dati, e come sia importante iniziare a pensare alle attività di engagement a partire già dalla fase di sviluppo dell’app, anche se non si prevede di partire subito con le campagne di engagement.

Spendiamo soldi in utenti che non utilizzano la nostra app…

Perché il Mobile CRM è importante?

… ma il CRM può aiutarci a rendere la spesa più efficiente!

Perché il Mobile CRM è importante?

Attraverso il claim “Start thinking about CRM from Day -1”, Lorenzo si è soffermato sul fatto che troppi sviluppatori di app mobile non considerano il CRM e le attività di engagement fino al momento in cui realizzano che stanno perdendo la maggior parte degli utenti acquisiti.

Questo approccio è tuttavia sbagliato, poiché il CRM dovrebbe essere considerato (anche se non implementato) sin dall’inizio in una visione olistica nella quale l’engagement fa parte di un insieme di attività che non possono prescindere l’una dall’altra nella crescita di un’app.

Tali attività sono state visualizzate da REPLUG in un modello chiamato “Growth Rocket Model” in cui si paragona la crescita di un’app ad un razzo, ogni elemento del quale è importante per contribuire a crescere nella giusta direzione.

Growth Rocket Model by REPLUG
Un’illustrazione del Growth Rocket Model di REPLUG

La bravura di un app developer sta quindi nel prendersi cura di tutte queste attività durante il lifecycle, che è suddiviso in quattro fasi: SETUP, LEARN, SCALE ed ENGAGE.

Nello specifico, ecco un quadro generale delle attività di ogni fase:

  1. SETUP: in questa fase si pensa all’infrastruttura per le attività di marketing, in particolare dell’implementazione degli SDK di tracking e attribuzione, analytics, deeplinking, che saranno utili per le attività di user acquisition che inizieranno a breve.
  2. LEARN: fase in cui si acquisiscono i primi utenti (sia in modo organico, che tramite piccole campagne a pagamento) e si inizia ad analizzare il comportamento degli utenti per creare benchmark e KPIs di riferimento
  3. SCALE: la fase in cui si accresce la base utenti tramite svariate attività di Paid User Acquisition
  4. ENGAGE: fase in cui arriva la necessità di trasformare le app install in utenti paganti.

Lorenzo ha sottolineato come, durante ognuna di queste fasi, si possa già iniziare a pensare alle attività di engagement nonostante si inizi a farle effettivamente solo nell’ultima.

In particolare, nell’ottica di iniziare a pensare al CRM sin dal giorno -1, già in fase di setup è opportuno pensare che i vari strumenti di tracking e analytics dovranno comunicare con il tool di CRM, mentre nelle fasi successive – dopo aver raccolto i primi dati – si può già iniziare a concettualizzare le campagne CRM e vedere in quale fase del funnel ci sarà maggior bisogno di intervento per incentivare gli utenti a compiere l’azione in-app desiderata.

Solitamente le campagne di engagement iniziano quando si raggiunge una utenza base considerevole che permette una segmentazione dettagliata (150 – 200mila utenti).

L’obiettivo finale sarà quello di giungere all’ultima fase – Engage – in condizione di testare in modo più sistematico possibile grazie all’automazione.

Mobile CRM - App Growth Lifecycle

Come scegliere il giusto tool di Mobile CRM?

Dopo la presentazione di Lorenzo, è stata la volta di Jacopo Vescovi, che ha parlato di quali fattori Bending Spoons ha tenuto in considerazione nella scelta del tool di CRM che rispondesse meglio alle loro esigenze.

In particolare Jacopo ha sottolineato come l’esigenza principale del loro team fosse di avere un tool che permettesse la misurazione del successo delle attività di engagement e la scalabilità in termini di campagne e A/B testing.

Infatti, dopo aver testato inizialmente l’utilizzo di una semplice piattaforma di email marketing, hanno notato che con tale soluzione veniva meno la misurabilità e soprattutto la personalizzazione dei messaggi in base all’utilizzo delle loro app. La soluzione è stata quindi ricorrere all’implementazione di un tool più professionale, come Leanplum, che offrisse loro la possibilità, oltre ad effettuare AB testing e misurare i risultati, di raggiungere gli utenti in molteplici modi (notifiche push, messaggi in-app, email, sms) con messaggi altamente personalizzati in base agli eventi dell’app e ai fattori demografici.

La considerazione finale di Jacopo è stata che, in generale, ogni decisione relativa alle attività deve essere basata sulla misurazione e sui dati.

Mobile CRM - misurazione

Come muovere i primi passi con le campagne di Mobile CRM

Una volta scelto ed implementato il tool di CRM, resta “soltanto” da iniziare a creare le prime campagne di user engagement. Di questo ha parlato Sebastian Michel di MyPostcard.

Nella sua presentazione, Sebastian ha sottolineato come l’obiettivo principale di un Team Growth dovrebbe essere quello di acquisire gli utenti giusti, e comunicare con loro al momento ideale con un messaggio pertinente, utilizzando il canale più appropriato. Solo in questo modo il business aziendale potrà crescere nel lungo periodo.

Il primo passo da compiere in questa ottica è, però, quello di stabilire in modo chiaro quale sia il successo di tali attività di crescita, definendo i KPIs da tenere sotto controllo. Tali KPis possono variare dal tasso di Activation (attivazione) ed Engagement fino alla revenue.

Nel caso particolare dell’engagement, Sebastian ha classificato le attività di MyPostcard in 4 categorie principali:

  • Attività informative: informazioni generali o relative all’account
  • Attività Occasionali: per specifiche ricorrenze come Natale, Pasqua, feste speciali
  • Attività “Triggered”: comunicazioni innescate da una specifica azione, come ad esempio il carrello abbandonato, o la richiesta di recensioni e questionari
  • Journeys: una misto di attività triggered e automatizzate come l’onboarding, l’upselling e il cross-selling.

Tali attività possono essere realizzate tramite una combinazione di Email, Notifiche Push o Messaggi in-app, a secondo del tipo di messaggio che si vuole comunicare. 

L’importante, per Sebastian, è mantenere ben chiaro il focus sulla costruzione di un’esperienza cliente positiva e allettante, in modo da spiegare agli utenti come iniziare ad usare l’app, dove trovare ciò che cercano, e aiutarli ovunque possano sorgere problemi, grazie anche all’aiuto del deeplinking.

Una volta che gli utenti sono “attivati”, è poi importante mantenere alta la fidelizzazione offrendo contenuti/offerte personalizzate costruite su segmenti precisi.

Il CRM funziona?

Sebastian ha mostrato come a MyPostcard, dall’inizio delle attività di Engagement, l’LTV degli utenti che hanno ricevuto comunicazioni mirate e personalizzate è cresciuto del 215% rispetto al control group che invece non è stato esposto a tali comunicazioni.

Inoltre, tramite l’utilizzo di un tool di CRM avanzato, per MyPostcard è stato possibile testare anche funzionalità dell’app stessa in modo da “influenzare” il comportamento degli utenti a compiere le azioni desiderate.

Per esempio, grazie ad un test su immagine, testo e call-to-action della schermata di registrazione, il numero di registrazioni è aumentato fino al 195% in più rispetto al control group, e allo stesso tempo, grazie ad un test simile, anche i referral sono cresciuti del 25%.

Mobile CRM - Test Registration Rate
Mobile CRM - Test Referrals

Per concludere, Sebastian ha evidenziato come sia stato possibile scalare tali attività soltanto dopo essersi focalizzati su automazione, localizzazione e personalizzazione. Senza questi tre fattori implementati contemporaneamente, non sarebbe stato possibile raggiungere tali risultati.

Il Confronto

Al termine delle presentazioni c’è stato poi una interessante “Fireside Chat” in cui gli speakers si sono confrontati su alcuni temi proposti da Lisa Würden.

Quali sono gli errori più grandi legati alle attività di Mobile CRM?

Secondo il parere di tutti, è molto importante non focalizzarsi troppo su obiettivi a breve termine e cercare di stimolare le conversioni immediate, ma piuttosto è meglio guardare ad obiettivi di lungo termine. Anche per questo diventa importantissimo avere un allineamento tra tutte le persone del team, anche tra dipartimenti diversi: il CRM non dovrebbe infatti essere di esclusiva competenza del team marketing o del team prodotto, ma piuttosto dovrebbe essere in mano ad un cross-team in modo da raggiungere gli obiettivi condivisi e chiari per tutti.

Un altro errore penalizzante, può essere quello di focalizzarsi su dati sbagliati, o parziali, e inviare messaggi non personalizzati a causa della mancanza di elementi di profilazione.

Dopo quanto si vedono risultati in termini di ROI?

Potrebbe essere facile vedere risultati positivi in breve termine, secondo Lorenzo, perché una push notification ben fatta può generare vendite, registrazioni e altre azioni immediate. Il problema, tuttavia, è che il CRM non dovrebbe essere misurato sul breve periodo, bensì più sul lungo termine e su basi incrementali di LTV. Purtroppo, prosegue Lorenzo, troppe aziende si concentrano sul breve periodo a causa delle pressioni ricevute dagli investitori, e questa mentalità porta spesso a danneggiare il business.

Le strategie di CRM devono essere adeguate a causa di Covid-19?

In questo periodo è opportuno allineare la comunicazione, sia in termini di tono, che di contenuto. Ovviamente, dipende moltissimo dal tipo di prodotto e industria, anche perché il comportamento degli utenti è estremamente cambiato durante questa pandemia. In generale, Sebastian ha sottolineato come sia importante evitare test rischiosi e mostrare solidarietà ed empatia.

Quali sono gli errori più comuni in riguardo alle Journeys?

Sebastian ha evidenziato come sia importante avere una journey sola per ogni singolo obiettivo, per esempio per la richiesta dell’opt-in alle notifiche push, domandandosi quale sia il modo migliore per mostrare all’utente, in modo chiaro, il valore di compiere un’azione. Ed inoltre molto importante, hanno aggiunto Lorenzo e Jacopo, allineare la comunicazione tra i differenti canali, in modo da essere consistenti con il messaggio e creare un rapporto di fiducia con l’utente, ed evitare di mandare troppi messaggi o addirittura messaggi discordanti.

Se potessi dare un singolo consiglio sul CRM?

Jacopo: misurare le attività e prioritizzare in base ai risultati

Lorenzo: è importante pensare al CRM dall’inizio, e non al momento in cui si presenta il bisogno, perché sarà già tardi.  

Sebastian: Non stancarsi mai di testare sempre, e prendere decisioni in base ai risultati (oltre che ad uscire per andare a prendere un buon gelato) 🍦

Guarda la registrazione del webinar

Il video del webinar MOBILE CRM – FROM ZERO TO HERO è disponibile on-demand. Compila il form per ricevere il link di visualizzazione.




     

    I Pionieri del Mobile Marketing: Gessica Bicego – Blinkist

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    Gessica Bicego Blinkist

    Per la sezioni “I Pionieri del Mobile Marketing” abbiamo incontrato per una buona colazione – nella sua caffetteria preferita di Berlin – Gessica Bicego, Director of Performance Marketing di Blinkist e fondatrice del podcast Mobile Growth Nightmares.

    Gessica, racconta in breve ai nostri lettori il percorso che ti ha portato fino a Berlino a lavorare per Blinkist e diventare un punto di riferimento nel mondo del Performance Mobile Marketing.

    Il mio percorso inizia nel pieno del periodo universitario. Durante la laurea triennale in informatica, decido infatti di entrare nel mondo del lavoro con uno stage in una web agency in Italia, inizialmente il mio stage prevede principalmente una parte di sviluppo software, ma ben presto mi rendo conto che il marketing è la mia vera passione. Dopo qualche anno passato in Italia lavorando in diverse agenzie, principalmente come Media Buyer, Account Manager e qualche esperienza come team lead, decido di spostarmi all’estero per poter completare il mio curriculum.

    Cercavo un ruolo che mi permettesse di sfruttare la mia formazione prettamente tecnica, unendola all’esperienza nel campo marketing. Per questo, inizio a lavorare a KAYAK come Programmatic Marketing Manager. In questo ruolo, approfondisco la conoscenza nel campo dell’analisi dei dati e dell’automazione nella gestione di campagne. Dopo questa esperienza, sento di voler tornare in una realtà più piccola, dove poter costruire il mio team da zero. Approdo così a Blinkist, startup berlinese con utenti da tutto il mondo, come Director of Performance Marketing.

    Blinkist ha segnato il passaggio quasi completo dal mondo web a quello mobile. Non che prima non avessi avuto esperienza con il mobile, che rappresentava comunque una fetta importante del mercato, ma con Blinkist mi sono ritrovata a lavorare con un prodotto quasi al 100% mobile first.

    Gessica Bicego BlinkistUn ricordo particolare legato al Mobile Marketing che ha segnato il tuo percorso e che non scorderai mai?

    Probabilmente la prima conferenza dedicata al mobile a cui decisi di partecipare a Berlino. Per la prima volta mi resi conto di quanto fosse particolare questo campo del marketing, ma soprattutto della sua potenzialità. Gli utenti sono sempre in movimento e fanno tutto con il loro smartphone che diventa il compagno di viaggio ideale. Come marketers, il nostro lavoro è quello di analizzare il loro comportamento, inserendoci nei momenti e nelle giuste conversazioni. Le skills che servono a lanciare una campagna 100% mobile sono ben diverse dal setup web.

    Di cosa ti occupi al momento a Blinkist?

    Come lead del Performance Marketing, dirigo il team che si occupa di tutto il media buying, sia su canali online che offline. Il nostro obiettivo è quello di far crescere il business a livello di fatturato e utenti, attraendo potenziali clienti nella nostra app ad un costo sostenibile tramite mirate campagne di user acquisition. 

    Hands-on Vs Guidare un team: quanto è stato difficile lasciar andare il controllo “manuale” delle campagne durante il processo di crescita manageriale?

    Lo ammetto, è stato difficile inizialmente ed in alcuni momenti mi sono chiesta se fosse la scelta giusta. Sono stata la prima assunta del team, con l’obiettivo di ampliare il canale di acquisizione principale, scoprire nuovi canali marketing e costruire un team. Inizialmente lavoravo molto hands-on e mi occupavo interamente della gestione di alcune piattaforme. A mano a mano che il team cresceva, ho dovuto lasciare alcuni di questi task per occuparmi della gestione del team. Da un lato, gestire le campagne mi piaceva, mi dava una sorta di tranquillità il sapere di dover gestire qualcosa di puramente razionale.

    La parte di gestione e coaching del team invece è molto ad alto livello, a volte si passa la giornata a pensare e si ha la sensazione di non riuscire a fare qualcosa di pragmatico. Al momento gestisco un team di 11 persone e mi occupo di organizzare obiettivi e processi del team di growth che conta quasi 50 persone, per questo con il tempo ho dovuto lasciare sempre più la parte hands-on; al momento non gestisco campagne ma continuo ad avere alcuni task più pragmatici inerenti all’analisi dei dati. Questa tipologia di task, insieme alla gestione di progetti più ampi e della crescita personali dei membri del team, sono quelli che mi danno maggior soddisfazione e devo ammettere che adesso sono grata di potermi dedicare a progetti strategici.

    Quale consideri essere stata la soddisfazione più grande della tua carriera Mobile?

    Davvero difficile selezionare un solo momento. In generale la mia soddisfazione più grande è quella di essere riuscita a far crescere il fatturato e gli utenti di Blinkist quasi del 500% in 4 anni. Oltre ai successi lavorativi a Blinkist, ho scoperto che il mobile marketing ha una community fantastica, e negli ultimi 4 anni ho cercato di condividere quello che ho imparato in tante conferenze in giro per il mondo. Ho parlato di mobile marketing a Las Vegas, in una delle più grandi conferenze di user acquisition, e nel 2018 ho vinto il premio come contributor dell’anno alla conferenza App Promotion Summit.

    Gessica Bicego Blinkist

    Qual è un insegnamento del passato che ti sei portata dietro negli anni, e che stai usando nel tuo ruolo attuale?

    Investire nel futuro. Una strategia che guarda solo all’immediato, senza pensare al lungo termine, rischia di essere un fallimento. Bisogna investire ora per poter aver successo nel futuro. Non pensate solo alle iniziative che dovete realizzare ora, cercate di capire dove arriverà il vostro prodotto in 2, 5 anni e costruite una strategia a lungo termini che rispecchi questa vision. Naturalmente, consiglio di applicare la stessa filosofia anche alla vostra crescita personale. Continuate a chiedervi: dove voglio essere tra 10 anni? E cosa devo fare per raggiungere quell’obiettivo?

    Qual è il tuo canale di user acquisition preferito?

    Sicuramente il canale che offre più reach al minor CAC (cost per acquired customer) possible 😀

    A livello personale, Facebook è il canale a cui sono più legata, principalmente perché é quello che ho gestito più a lungo. Al momento sono molto affascinata anche dal mondo offline, e dalla correlazione tra online, offline, brand awareness e performance. 

    E qual’è quello più efficace invece in base alla tua esperienza?

    Quello più efficace a livello di performance è partnerships (influencer, podcast advertising, affiliate) ma davvero difficile da scalare. Se cerchiamo invece una combinazione di scalabilità e costi, sicuramente Facebook, Outbrain e Taboola. Da non sottovalutare anche l’impatto che può avere un canale come la TV, anche sul mondo mobile.

    Blinkist si può considerare uno dei pionieri per quanto riguarda native (Outbrain, Taboola) e podcast advertising. Come identificate i nuovi canali di acquisizione? Quali sono i vantaggi di essere i primi?

    Il modo migliore per identificare nuovi canali è quello di ascoltare i propri utenti, capire dove passano il proprio tempo libero, da cosa sono attratti. Nel nostro caso, abbiamo capito subito che i nostri utenti sono persone “sul pezzo”, che amano tenersi informate su quello che accade nel mondo, non hanno molto tempo a disposizione, per questo il loro dispositivo mobile è la loro fonte di informazione. In base a questo, l’investimento su piattaforme di advertising nativo come Outbrain e Taboola, ci è sembrato perfetto, ed avevamo ragione.

    Essere primi, significa avere accesso a prezzi molto bassi, perché manca la competizione, ed avere il tempo di sperimentare senza dover “bruciare” grandi budget. Sarete anche i primi a testare le loro beta, dettaglio assolutamente da non trascurare.

    Quali sono i tuoi KPIs chiari per definire il successo delle attività di User Acquisition?

    ROI (return on investment, blended e paid) e payback (ovvero quanto tempo occorre per recuperare il budget investito) sono le metriche fondamentali perché sono legate alla profittabilità dell’azienda. A livello aziendale ovviamente guardiamo anche ad altre metriche come il rapporto tra CAC (cost per acquired customer) e LTV (lifetime value) e organic / paid ratio. Le metriche di prodotto sono anche molto importanti, la quantità di contenuti consumati per singolo utente, la percentuale di utenti attiva ogni mese o la percentuale di utilizzo di una determinata feature, ci aiutano non solo a determinare in che direzione portare il prodotto ma anche a capire quali utenti potrebbero diventare i nostri nuovi core audience.

    Gessica Bicego HeaderIl settore audio-lettura sta diventando sempre più popolare e l’utente ha la possibilità di scegliere tra numerose app (Blinkist, Audible, Storytel, Bookbeat), ma anche podcast. Come si muove Blinkist per emergere dalla competizione?

    Fortunatamente, Blinkist è stato uno dei primi prodotti audio dedicato ai contenuti brevi. Questo primato è rimasto tale, anche se la competizione è altissima. Il trend audio continua ormai da anni e la fetta di mercato interessato aumenta anno dopo anno. Abbiamo deciso di concentrarci su una niche ben specifica, ma a poco a poco, stiamo ampliando il nostro raggio. All’inizio dell’anno ad esempio, abbiamo lanciato gli audiolibri, che possono essere acquistati attraverso la nostra app.

    Per continuare ad emergere, il segreto è innovare. L’anno scorso abbiamo deciso di creare un team dedicato proprio a questo, alla creazione di nuovi contenuti. Allo stesso tempo, da qualche anno abbiamo creato un team di user research che si occupa di ricercare trend e intervistare utenti e fare analisi di mercato. Conoscere i propri clienti, o i futuri tali, è indispensabile per mantenere un prodotto di successo.

    3 consigli per i giovani che si apprestano ad intraprendere una carriera nel mobile marketing?

    1. Rimboccatevi le maniche: lo studio vi darà una buona base di partenza ma è solo con l’esperienza che imparerete ad eccellere.
    2. Imparate a programmare: lo sappiamo tutti, il marketing come lo conosciamo oggi non esisterà più. Molti dei nostri lavori saranno automatizzati, per questo è importante conoscere il linguaggio tecnico, riuscire ad analizzare i dati e magari riuscire ad usare il codice per automatizzare alcuni dei nostri processi.
    3. Never stop learning: continuate ad imparare, a leggere ed informarvi. Andate a conferenze, costruitevi un network di persone, trovate un mentor che vi possa aiutare.

    Ringraziamo Gessica Bicego di Blinkist per la sua disponibilità e per aver condiviso con noi la sua storia piena di spunti interessanti.

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    Cos’è il LAT – Limit Ad Tracking di iOS

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    LAT Limit Ad Tracking

    Il tema della privacy degli utenti e del tracciamento del comportamento di questi da parte degli app developers sta diventando sempre più centrale nel mondo del mobile. In questa ottica, ormai dal lontano 2016 con l’introduzione di iOS10, Apple ha introdotto la possibilità per i propri utenti di attivare la funzionalità LAT – Limit Ad Tracking, per permetter agli utenti iOS di limitare l’utilizzo del proprio IDFA.

    Cosa è il LAT – Limit Ad Tracking?

    Limit Ad Tracking (LAT) è una funzione che consente agli utenti di scegliere di non avere un IDFA (Identify for Advertisers). Con questa impostazione abilitata, l’IDFA dell’utente appare vuoto quando avviene il tracciamento, e gli utenti non vedranno quindi annunci mirati specificamente a loro, poiché i loro dispositivi non hanno praticamente un’identità.

    Gli eventi di attribuzione e conversione vengono disattivati quando la funzione LAT è attiva, anche se alcuni MMP offrono soluzioni alternative all’IDFA per il tracciamento del comportamento degli utenti.

    Perché è il LAT è importante?

    In questo momento in cui la preoccupazione per la privacy sta crescendo sempre più, gli utenti che attivano la funzione LAT – Limit Ad Tracking possono farlo per impedire la raccolta dei dati ed evitare di essere tracciati nelle loro attività sulle applicazioni mobile. Gli utenti possono inoltre scegliere deliberatamente di non essere inclusi in liste di targeting e retargeting, evitando specifici annunci mirati, che per molti possono non fare molta differenza quando si tratta di decisioni di acquisto.

    LAT e iOS14

    Al WDC di Giugno 2020, Apple ha annunciato che con l’introduzione di iOS14 gli utenti dovranno dare il loro consenso esplicito al tracciamento dell’IDFA, attraverso il cosiddetto “AppTrackingTransparency Framework” che compare ogni volta che si scarica un’app. 

    Questa novità ha creato scalpore – e preoccupazione – tra gli addetti ai lavori del mobile marketing. Scopri tutti i dettagli nell’articolo “Apple annuncia iOS 14 – Un cambiamento drastico per il mobile marketing

    Apple annuncia iOS 14 – Un cambiamento drastico per il mobile marketing

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    Molti se lo immaginavano. I più speravano fosse solo una voce di corridoio. Tutti – o per lo meno gli addetti ai lavori nel mobile marketing – avevamo però il timore diventasse realtà.

    Al WDC di quest’anno, Apple ha annunciato che da Settembre, con il nuovo iOS 14, ci sarà un cambiamento radicale per quanto riguarda la privacy degli utenti. Sebbene non abbia direttamente colpito l’industria del mobile marketing (ad oggi valutata circa $80 miliardi a livello globale), Apple ha sicuramente mostrato i suoi muscoli facendo capire a tutti che, d’ora in poi, le carte in tavola e, soprattutto, il modo di tracciare gli utenti cambieranno.

    Come funziona il tracciamento degli utenti in-app?

    Ad oggi, il tracciamento degli utenti e del loro comportamento in-app su dispositivi iOS dipende principalmente dalla possibilità di riceve il cosiddetto IDFA.

    L’IDFA, o “Identify for Advertisers“, è un identificatore anonimo, ma unico, di un dispositivo smartphone. Apple lo assegna in modo casuale a tutti i dispositivi iOS (iPhone o iPad), ed è principalmente usato per identificare un utente. Ma non finisce qui.  L’IDFA, infatti, da un punto di vista pubblicitario offre agli inserzionisti molteplici opportunità per interagire con la audience, capirla al meglio, re-targettizzarla e, soprattutto, trovare utenti simili.

    In sostanza, l’IDFA ci permette di:

    • Tracciare come gli utenti interagiscono nella nostra applicazione mobile
    • Capire quale canale pubblicitario porta i risultati desiderati
    • Analizzare il contributo dei vari canali utilizzati 
    • Monetizzare al meglio il nostro traffico con pubblicità personalizzata
    • Implementare delle campagne di re-targeting
    • Creare delle audience Look-Alike sulle piattaforme pubblicitarie

    Ma non potevamo già disabilitare l’IDFA? 

    A dir la verità, sì. Infatti, gli utenti iOS potevano già in passato fare l’opt-out del tracciamento del proprio IDFA, rendendo i propri dispositivi completamente anonimi agli occhi degli inserzionisti. C’è da dire,  però, che non era così scontato che l’utente medio andasse nella Privacy del proprio smartphone e disabilitasse questa funzione. Il processo era sicuramente tortuoso e conosciuto (forse) solo ai più esperti. 

    Limita Raccolta Dati iOS
    Come limitare la raccolta dati pre iOS 14

    Cosa cambierà con iOS 14?

    Il nuovo sistema operativo di Apple forzerà gli sviluppatori a descrivere in maniera dettagliata come e per cosa la propria applicazione utilizzerà i dati degli utenti. Quello che “preoccupa” molti addetti ai lavori è che questa funzionalità sarà visibile a tutti gli utenti direttamente nella sezione Privacy del proprio dispositivo.

    Nuova Privacy Apple – iOS 14

    Naturalmente, le brutte notizie non sono finite. Infatti, con il nuovo iOS 14, gli sviluppatori dovranno ricevere il permesso esplicito direttamente dagli utenti attraverso il cosiddetto “AppTrackingTransparency Framework“, mostrando all’utente un messaggio di questo tipo: 

    Ma che tipo di attività tracciabili dovremo comunicare ai nostri futuri utenti?

    In poche parole, tutto ciò che ha a che fare con l’utilizzo dei dati, dovrà ricevere il consenso esplicito da parte degli utenti. Ad esempio, dovremo ricevere l’OK, nel caso vogliamo:

    • Mostrare pubblicità targettizzata, usando dati utenti collezionati tramite terze parti
    • Condividere i dati di localizzazione del device o una mailing list con terze parti
    • Condividere gli ID degli utenti con un network esterno per fare campagne di retargeting
    • Aggiungere un SDK di tracciamento o analisi dati

    Le ripercussioni di questo “attacco indiretto” all’industria del mobile marketing da parte di Apple sono molteplici e per gli esperti di marketing è senza dubbio preoccupante in termini di tracciamento e attribuzione, nonché di personalizzazione della comunicazione.

    È tutto andato perduto?

    Da qualche tempo, Apple lavorava già a questo possibile scenario, soprattutto da un punto di vista di attribuzione delle installazioni. Infatti, un paio di anni fa, aveva annunciato il proprio SKAdNetwork, cioè un framework di tracciamento delle installazioni con rispetto della privacy. 

    Questa soluzione prevede 3 partecipanti: 

    • Gli Ad Networks che promuovono applicazioni e ricevono una notifica alla conversione (app install) delle inserzioni
    • Gli App Publisher (App Source) che mostrano le inserzioni dagli Ad Networks
    • Le App Inserzioniste che per l’appunto investono per raggiungere nuovi utenti

    Il funzionamento di questa soluzione è visualizzato in questa illustrazione presa direttamente dal sito Apple

    Diagram showing a user tapping an ad for app B inside of app A, then installing and launching app B, which triggers a conversion notification after app B calls one of two methods, and after the timer expires. The ad network receives the postback which it must verify.

    Senza entrare nel dettaglio tecnico del funzionamento del sistema di tracciamento e attribuzione sviluppato da Apple, la modalità è molto simile a quelle già in uso al momento, ma con enfasi maggiore sul rispetto della privacy. Infatti, quando un utente clicca su un’inserzione pubblicitaria, gli sviluppatori mostrano la schermata dell’App Store con dei parametri associati al link per identificare la tipologia di campagna. Nel caso in cui l’utente decida di scaricare e aprire l’app mobile, il dispositivo manda un link postback di validazione dell’install all’ad network. Questa notifica però (ed è qui che Apple rispetta la privacy degli utenti) non contiene nessun dato sull’utente o sul device: i parametri passati indietro, infatti, possiedono, dati esclusivamente relativi al tipo di campagna (fino a 100 id), con informazioni sul valore della conversione e dell’app mobile da cui la conversione è avvenuta.

    Per i meno familiari con le tecniche di attribuzione e sistemi di tracciamento, questo cambiamento potrà sembrare minimo o comunque non così drastico. Da un punto di vista di mobile marketing, nello specifico per le applicazioni mobile però, questa differenza è sicuramente mastodontica. 

    Nello specifico, con il setup appena descritto del SKAdNetwork non avremo più la possibilità di utilizzare il modello di attribuzione view-through, e le seguenti informazioni non saranno più tracciabili:

    • Impressions
    • Creatività 
    • Remarketing
    • Eventi in-app
    • LTV degli utenti
    • ROI
    • Dati sulla retention
    • Analisi delle coorti

    In parole semplici, gli inserzionisti avranno una visibilità ridotta al minimo per quanto riguarda le attività degli utenti. I modelli di attribuzione, nonché le tecniche di ottimizzazione sviluppate fino ad oggi, diventeranno inutilizzabili e forzeranno tutti i marketing managers a implementare A/B testing più spesso e utilizzare il cosiddetto contextual marketing basato su contenuti piuttosto che sui dati degli utenti. 

    La situazione che si presenta davanti ai nostri occhi ad oggi è sicuramente complicata e ci fa porre tantissime domande. Qui di seguito cerchiamo di dare una risposta a quelle più comuni che in questi giorni si sono posti molti di noi del settore mobile.

    Quanti utenti permetteranno di essere tracciati?

    Questo è difficile da dire. Naturalmente possiamo aspettarci che gli utenti saranno in media più attenti alle impostazioni degli sviluppatori per quanto riguarda il tracciamento dei dati. Già a partire dal 2020, è stato possibile vedere come in molte nazioni l’utilizzo del cosiddetto “limit ad tracking” o LAT, quindi la possibilità di limitare il tracciamento dei propri dati per scopi pubblicitari, è aumentato drasticamente superando il 20% dei dispositivi sul mercato.

    Fonte: Singular

    Una cosa è sicura: dal momento in cui iOS 14 diventerà realtà, il numero di utenti che limiteranno il tracciamento dei  propri dati aumenterà esponenzialmente, forzando gli sviluppatori mobile, ma non solo, a ripensare il proprio modello di tracking e attribuzione, e in generale di business.

    Facebook e Google: Il duopolio al bivio

    I primi a soffrire di questo cambiamento saranno due dei canali più utilizzati dagli inserzionisti a livello globale: Facebook e Google.

    Da sempre, infatti, queste due piattaforme sono state le prescelte da molti inserzionisti per le capacità di portare risultati chiari – in termini di ROAS – per le campagne di acquisizione utenti sul canale mobile. I dati utenti sono senza dubbio alla base del loro successo, permettendo possibilità di targeting granulare, nonché un’ottimizzazione dettagliata non possibile su altri canali.

    Prendiamo ad esempio Facebook e l’ottimizzazione per eventi (App Event Optimization o AEO) e per valore (Value Optimization o VO). L’AEO di Facebook permette agli inserzionisti di targettizzare nuovi utenti che sono più inclini a compiere l’azione in-app desiderata; l’ottimizzazione VO, invece, permette di raggiungere dei nuovi utenti che – secondo i dati di Facebook – hanno la possibilità di spendere una certa somma nella nostra app. Con questo nuovo limite da parte di Apple, diventerà molto più complicato per Facebook collezionare dati utenti e fare leva su questo tipo di ottimizzazione.

    Per quanto riguarda Google Ads, la situazione non sarà tanto diversa. Infatti ad oggi è possibile fare delle campagne con un target ROAS, ma questo funziona esclusivamente se la piattaforma di Google riceve eventi post-back dopo l’installazione.

    Una cosa da considerare però per questi due player è che il loro SDK è implementato in migliaia di applicazioni mobile (Facebook SDK in circa 80.000, mentre Google SDK in circa 110.000), dando comunque la possibilità di collezionare questi dati in modo diverso. La domanda fondamentale è se Apple ne sarà contenta.

    Inoltre, è importante ricordare che Apple, con la sua soluzione Search Ads, offre una valida alternativa a questi due canali per attività di user acquisition. In più, considerando il proprio SKAdnetwork, Apple potrebbe diventare a tutti gli effetti un canale di acquisizione anche oltre il proprio App Store, se lo volesse…

    Alla fine dei conti, gli inserzionisti non smetteranno di spendere per acquisire nuovi utenti, e Apple potrebbe con questa mossa assicurarsi una gran fetta di mercato.

    Cosa succederà agli MMP?

    Come al solito, cerchiamo di partire dalle basi. Gli MMP o sistemi di attribuzione sono dei servizi di terze parti che tramite SDK integrati nelle applicazioni mobile permettono di tracciare il comportamento degli utenti in-app nonché l’efficacia delle campagne pubblicitarie. Ad oggi, l’attribuzione degli utenti mobile è fatta principalmente per mostrare inserzioni in-app e naturalmente targettizzare gli utenti con la “giusta” pubblicità.

    Fatta questa premessa, diventa chiaro che il ruolo degli MMP è a rischio, poiché i dati utente disponibili con iOS 14 diventeranno minimi. La funzionalità e praticità di avere un SDK di tracking e attribuzione in-app perde valore e molti inserzionisti inizieranno a chiedersi il contributo che questi apportano al dipartimento marketing (soprattutto considerandone il costo).

    Ci sono però dei possibili scenari da considerare nel mondo dell’attribuzione, a seguito dell’introduzione di iOS 14.

    Lo scenario più immediato potrebbe essere quello di spostare il modello di attribuzione sul cosiddetto “fingerprinting”, che è già in circolazione e non prevederebbe alcun cambiamento. Sebbene questo modello non sia il più accurato in circolazione, sicuramente rispetta tutte le restrizioni di privacy imposte da Apple.

    Un’altra opzione sarebbe per Apple di sviluppare un iOS referrer, simile al Google PlayStore referrer, che permetterebbe di tracciare via API gli utenti in modo completamente anonimo. In questo caso, in termini di ruoli nell’industria non cambierebbe nulla, poiché gli MMP giocherebbero ancora un ruolo fondamentale nel tracciamento e attribuzione delle campagne di acquisizione a pagamento.

    Inutile dire che gli MMP stanno lavorando a stretto contatto con Apple per trovare una soluzione e soprattutto per giustificare il loro modello business sia agli inserzionisti che agli stessi investitori. Certo è che Apple con il proprio SKAdNetwork potrebbe iniziare a giocare un ruolo importante anche per quanto riguarda l’attribuzione.

    Programmatic e Retargeting: La fine di un’era?

    Con la rimozione degli IDFA, la possibilità di fare retargeting dei propri utenti tramite DSP di terze parti diventa impossibile. Infatti, alla base delle attività di retargeting c’è questo identificatore unico, senza il quale è impossibile identificare i dispositivi mobile. Facebook, d’altro canto, potrà ancora utilizzare altri valori sia per fare retargeting che per creare le proprie audiences, come ad esempio: numeri di telefono o email (anche se qui si aprono altri punti interrogativi sul come gli sviluppatori mobile possano ricevere queste informazioni).

    Soffermandoci però sul discorso programmatic, il valore del targeting granulare sui dispositivi mobile è completamente perso. Infatti, il vantaggio di usare DSP di terze parti per fare campagne di acquisizione era proprio la possibilità di creare dei grafici in base ai dati collezionati con altre campagne pubblicitarie per definire il targeting migliore. Senza IDFA tutto ciò non esiste più.

    Naturalmente il programmatic non morirà, però il valore di utilizzare questo canale, rispetto ad altri, diventerà sicuramente minore.

    Monetizzazione in-app

    Anche per quanto riguarda la monetizzazione in-app ci saranno cambiamenti drastici a seguito dell’introduzione di iOS14. Infatti le logiche di monetizzazione delle applicazioni mobile funzionano in maniera molto simile alle logiche viste per le DSP in precedenza. In particolare modo, l’header bidding subirà un colpo non indifferente. Ricordiamo infatti che l’header bidding, in un contesto di monetizzazione, crea un’asta unificata in programmatico che permette agli inserzionisti di “biddare” sull’inventory a livello dell’inserzione (a differenza del cosiddetto waterfall, che permette di biddare su valori di CPM definiti in base a medie storiche).

    In questo scenario, il valore del CPM in generale andrà a diminuire, poiché gli inserzionisti avranno la possibilità di calcolare le performance esclusivamente a livello campagna, problema che con l’header bidding si risolveva poiché c’era la possibilità di biddare su ogni singola impression.

    Conclusione

    Senza dubbi il futuro del mobile marketing sarà interessante. Da un punto di vista degli inserzionisti, alla fine dei giochi molto probabilmente non cambierà molto: basterà infatti adattare il modo di controllare i dati e rivalutare altri modelli più complessi, come quello dell’incrementalità. Detto ciò, la realtà è che sono ancora pochissimi gli inserzionisti familiari con questo modello e sicuramente richiederà un adattamento nel modo in cui i dati sono analizzati.

    Inoltre, è importante notare come questo cambiamento renderà un po’ più democratico il mondo dell’attribuzione, che fino ad oggi si era basato principalmente sul “last-click attribution”, dando un vantaggio smisurato alla duopoli, Google e Facebook.

    Infine è importante ricordare che se Apple è arrivata a questa decisione drastica è anche perché molte applicazioni mobile, e altri player nel nostro settore, si sono spesso approfittati dei dati condivisi da utenti ignari. Sicuramente sarà interessante vedere come Google reagirà a questo cambiamento e quanto tempo ci metterà per allineare la propria privacy.

    Il mondo del mobile marketing non smette mai di sorprenderci e ancora una volta vediamo che solo con una conoscenza approfondita della materia ci si può adattare a questi cambiamenti senza rimanere indietro e soprattutto essere vittime di una lettura dei dati non corretta.

    Startup nel Mobile: Ulixe

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    Ulixe Mobile Marketing Italia

    Per la sezione Startup Nel Mobile, dedicata alle aziende Italiane che operano nel settore mobile, abbiamo parlato con Francesco Scrufari, uno dei soci fondatori di Ulixe e TheLab, una delle realtà più innovative sul territorio italiano.

    Ciao Francesco, iniziamo con una domanda semplice, racconta ai nostri lettori chi sei e cos’è Ulixe. 

    Ciao a tutti, sono socio fondatore e amministratore di Ulixe Group, insieme al mio collega (e socio) Simone Offredo. Siamo partiti ormai 20 anni fa, da una piccola società che voleva portare innovazione nei sistemi gestionali, utilizzando il web come interfaccia rispetto ai sistemi client-server che erano diffusi a fine anni 90, per controllare i processi aziendali.

    Negli anni Ulixe è stata una costante a cui si sono affiancate diverse iniziative, alcune meno fortunate, altre invece che ci hanno cambiato la vita, come il progetto Visionbooks che ha vinto le selezioni per il progetto GAP dell’UCLA di Los Angeles dandoci il via per aprire la prima azienda in USA.

    Il mondo di Ulixe racchiude diverse realtà, ci puoi raccontare come è organizzato il vostro universo?

    Ulixe negli anni si è divisa in realtà differenti: la parte principale, in Italia, è un partner tecnologico per la system integration e lavora principalmente su Torino e Milano, intese come province. Le diverse società si differenziano per l’ambito tecnologico in cui lavorano, in modo da essere verticalizzati, sia per la crescita del personale che per il servizio offerto ai clienti.

    Un’altra anima, nata con un progetto del 2010, diventata poi azienda statunitense nel 2011, si occupa di realizzare prodotti rivolti all’utenza finale, venduti tramite gli store di Apple e Google, su tematiche principalmente legate all’intrattenimento, anche se stiamo pianificando di entrare anche nel mercato dei Tool.

    Facciamo una parentesi su The Lab, il vostro centro di innovazione per lo sviluppo app. Ad oggi avete 15 applicazioni, 27 milioni di download, 750K MAU, e una media di 4.5 stelle di rating. Qual è il vostro segreto? 

    Il progetto che ci ha permesso di avere un’esperienza molto importante è stato Lumyer (che continua a darci buone soddisfazioni) ed è un prodotto nato in un momento in cui la realtà aumentata ancora non era gestibile su smartphone e che ha avuto subito un’ottima accoglienza da parte, dove in alcuni mesi siamo cresciuti di 1Mil di utenti mensili. Questo ci ha permesso di lavorare su scala globale e di ottimizzare non solo i nostri modelli di gestione dei carichi, ma anche di lavorare a modelli di business nuovi e con risultati inaspettati.

    Ulixe
    Simone Offredo e Francesco Scrufari

    Questo ha consolidato il nostro modello organizzativo basato principalmente sull’esperienza utente, in modo da plasmare il prodotto e l’interfaccia, su quello che l’utente vuole e non su quello che noi pensiamo debbano fare. Una differenza importante che in pratica si trasforma in analisi di tantissime variabili che partono dalla lettura attenta dei feedback e delle richieste di supporto.

    Questi risultati sono sicuramente stati il risultato di tanto lavoro duro e complicazioni che molti startupper non sanno. Ci racconti un aneddoto che ti è rimasto impresso nel vostro percorso di crescita? 

    Una cosa che mi ha fatto capire l’importanza di dimostrare in modo concreto il valore di un’idea è stato un incontro con un VC italiano, a cui avevamo presentato un’idea “su carta” avvalorata da tante ricerche e tanta grinta, però senza dati reali e MVP. 

    L’idea era piaciuta e ci avevano proposto di darci un investimento piuttosto irrisorio per il 30% del progetto, mettendo anche garanzie di ritorno dell’investimento, che cadevano sulle persone fisiche dei soci/founder oltre al controllo del progetto tramite un business analyst che inserivano nella startup.

    Questo non ci era piaciuto e abbiamo deciso di provare da soli il prodotto e di portare dei numeri a supporto del valore della nostra idea, e questo è stato importantissimo perché non solo, poi sono entrati finanziando la società in modo completamente diverso e con meno quote, ma questo ci ha permesso di attrarre altri finanziatore e fare decollare il progetto.

    Come dicevamo, con The Lab avete sviluppato 15 app mobile ad oggi. Che processo seguite per lanciare un nuovo modello sul mercato? 

    Ci muoviamo in 2 modi differenti: da una parte la selezione di progetti che ci vengono proposti da neo-startupper, che valutiamo sempre (se rientrano nel digital) cercando di dare anche dei feedback e consigli durante gli incontri, in modo che siano sempre incontri valorizzanti per tutti. L’altra cosa che facciamo è quello di cercare applicazioni su aree di prodotto che riteniamo interessanti per fare delle acquisizioni e portarli in azienda, inserendo un modello di business.

    Una volta deciso il modello di app da sviluppare, si passa alla segmentazione del mercato. Mercato ampio o di nicchia? E perché? 

    E’ una domanda a cui rispondere è difficile. E’ tutto legato al valore del mercato di riferimento in quanto la nicchia è più costosa da raggiungere come utenza, ma se il prodotto porta un concreto valore, può essere una strada. Ovviamente se si va sulla massa, è più semplice crescere, sempre che il prodotto copra un bisogno dell’utente.

    Una volta lanciata l’app e definito il mercato d’approcciare, quali strategie di mobile marketing impiegate per attirare i primi utenti? 

    La scelta del canale da utilizzare dipende molto dal tipo di app in quanto c’è un analisi del target di utenti da raggiungere e in base a quello scegliamo il canale. Ad esempio, in Europa e Nord America, lavoriamo molto bene con Facebook (e Instagram) per le applicazioni di intrattenimento. Google invece su tool e app collegate all’e-commerce.

    Da un punto di vista tecnologico, invece, che ruolo gioca il tracciamento dei dati per decidere se l’app ha successo e iniziare a scalare? 

    Ulixe copertinaE’ un elemento fondamentale, soprattutto se parliamo di app distribuite a livello globale in quanto è veramente complesso capire se viene utilizzata nel modo in cui è stata pensata. Un errore di comunicazione grafica, nell’esperienza di utilizzo, o semplicemente una complessità leggermente maggiore dell’utenza target, possono aumentare il tasso di abbandono o la difficoltà di penetrare su un mercato denso di soluzioni che, all’apparenza, possono sembrare simili. Capire se un’app ha una buona viralità, se viene capita e utilizzate nella sua completezza, è fondamentale per capire quanto spingere sul marketing necessario a farla conoscere al più alto numero possibile di potenziali utenti interessati.

    Quali consigli daresti, in termini di sviluppo del business ed acquisizione utenti, agli imprenditori che stanno pensando di lanciare un servizio legato al settore mobile?

    Una cosa importante è quella di non cercare la perfezione di un prodotto, prima di verificarne l’interesse del mercato. E’ fondamentale lavorare a step e avere il prima possibile metriche che ne evidenziano un interesse, per quanto su un prodotto primordiale. Noi consigliamo sempre un approccio di lean startup, perché sono tantissimi i progetti che partono ma sono molto pochi quelli che continuano a esistere in modo autonomo e sostenibile, quindi è importante essere sempre molto obbiettivi sui risultati e fare scelte difficili.

    Un’ultima domanda per guardare al futuro. Quali altre novità ci possiamo aspettare da Ulixe nei prossimi 12 mesi?

    Possiamo finalmente annunciare la fusione del nostro TheLab con una realtà altrettanto importante del nostro territorio e settore, che porta la “potenza di fuoco” ad un livello successivo. Questo non solo ci permetterà di velocizzare i processi di creazione di nuovi progetti, e di sostegno alle realtà innovative del territorio, ma ci permetterà anche di creare dei centri di eccellenza tecnologica su diverse tematiche, che sfrutteremo per aumentare la componente competitiva dei progetti attualmente in essere.

    I Pionieri del Mobile Marketing: Emanuel Peter Patrioli – Lottoland

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    Emanuel Peter Patrioli Lottoland

    Per la sezione “I Pionieri del Mobile Marketing” questa settimana abbiamo fatto due chiacchiere con Emanuel Peter Patrioli, Senior Mobile Marketing Manager a Lottoland, una delle aziende più grandi a livello globale nel settore lotterie online. 

    Emanuel, racconta in breve ai nostri lettori il tuo percorso professionale fino ad arrivare a lavorare per Lottoland.

    Prima di arrivare mi sono occupato di Content Management, a partire dal lancio del portale di giochi e scommesse di Lottomatica. Dopo circa 3 anni mi sono spostato sul Marketing di Prodotto del Gratta e Vinci ed è lì che ho iniziato a lavorare sulle App, su un progetto pionieristico di app Gratta e Vinci. Grazie a quest’ultima esperienza, Lottoland mi ha offerto il ruolo di responsabile del Mobile Marketing a livello globale.

    Un ricordo particolare legato al mobile marketing che ha segnato il tuo percorso e che non scorderai mai?

    Quando lavoravo sulla versione online del più noto Gratta e Vinci “cartaceo”, un’agenzia ci presentò alcune possibili declinazioni del Gratta e Vinci “mobile”. Le meccaniche di gioco proposte facevano presagire un mondo di nuove potenzialità di gioco: tocca lo schermo per rimuovere la patina argentata del tuo gratta e vinci virtuale, scuoti il tuo dispositivo mobile per lanciare i dadi, soffia per spostare la polvere e scoprire se hai vinto. Lo smartphone abilitava modalità di interazione mai pensate prima!

    Di cosa ti occupi al momento a Lottoland? 

    App Store Optimization, App Marketing e Mobile Onboarding sono quello di cui mi occupo principalmente. Cerco di rappresentare il punto di vista del nostro cliente per migliorare l’esperienza utente sui dispositivi mobili.

    Lottoland è sicuramente un marchio molto conosciuto nel settore Lotterie Online, considerando però le varie restrizioni che Apple e Google impongono in questa categoria quali canali di acquisizione risultano più efficaci per raggiungere nuovi utenti? 

    Emanuel Peter Patrioli LottolandASO, Facebook Ads e Apple Search Ads sono al momento i canali più efficaci. Le restrizioni di Apple specifiche per il gambling ci stanno imponendo di ridisegnare la nostra strategia su mobile. Una “app-like” user experience e non un mero “wrapper” di mobile site è quanto richiede Apple. Resta però da chiarire quali siano le funzionalità “app-like” sulle quali puntare per assicurarsi che la nostra app venga approvata da Apple. Google invece ci permette di offrire le nostre app solo in UK e IE (Irlanda), puntare sulle Progressive Web App potrebbe essere la strategia vincente per tutti gli altri mercati dove siamo presenti.

    Considerando che molti utenti che utilizzano servizi di questo tipo interagiscono principalmente da desktop, che ruolo gioca il canale mobile nella strategia complessiva di Lottoland? 

    La stragrande maggioranza del nostro traffico passa per dispositivi mobili, il mobile è quindi più di un canale. È il contesto di fruizione principale dei nostri prodotti e con le sue specificità rappresenta quindi una sfida cruciale per acquisire e fidelizzare i nostri clienti. Penso soprattutto alla scarsa disponibilità degli utenti “mobile” a tollerare lunghi tempi di caricamento dei nostri siti o delle nostre app e alla frammentazione dello scenario tecnologico. 

    Invece raccontaci, qual è il tuo canale di acquisizione utenti preferito?

    Mi diverte molto la App Store Optimization e le infinite possibilità di sperimentazione che offre. Il lavoro richiesto è lungo e meticoloso ma le soddisfazioni non mancano.

    E quello più efficace invece in base alla tua esperienza?

    Facebook, soprattutto da quando abbiamo iniziato a utilizzare video, è stato il canale di gran lunga più performante per noi.

    Qual è un insegnamento del passato che ti sei portato dietro negli anni, e che stai usando nel tuo ruolo attuale?

    Parti con un budget molto limitato – su una scala modesta – e quando trovi le conversioni che cerchi, al giusto prezzo, aumenta il budget. Finché il budget impegnato è piccolo, nessuno si potrà lamentare se non raggiungi i risultati attesi. C’è sempre tempo per aumentare il budget.

    Il 2020 è iniziato con grandi difficoltà, soprattutto se guardiamo al budget dedicato al marketing, cosa ti aspetti di imparare nel restante di quest’anno?

    Di sicuro il 2020 ha scardinato il nostro modo di lavorare e ci ha spinto a ricercare l’efficienza ancora più che in passato. Mi aspetto di mettere alla prova le mie conoscenze nel ridurre la nostra dipendenza da agenzie o piattaforme esterne in un deciso sforzo di contenimento di tutti i costi.

    Quali sono, secondo te, i KPIs per definire il successo delle attività di User Acquisition?

    Per noi di sicuro è il numero di utenti paganti (utenti che hanno effettuato almeno un deposito). In relazione al LTV atteso, determina la nostra strategia di ottimizzazione delle campagne di acquisizione.

    Visto che ci troviamo in un periodo molto particolare a causa del COVID-19, mi sembra doveroso chiederti che impatto ha avuto questa situazione sul vostro business? 

    Essendo Lottoland un operatore 100% digital, l’impatto del COVID-19 non è stato negativo. In ogni caso, durante le fasi più acute della crisi, alcune lotterie sono state sospese e abbiamo dovuto orientare il nostro business verso i giochi, che al contrario non si sono mai fermati. La rapidità di reazione è stata decisiva. 

    Qual è la skills numero uno più importante che i mobile marketers dovrebbero imparare per emergere nell’industria? Perché la reputi così importante?

    La capacità di definire e leggere i KPIs è centrale. Un mobile marketer deve essere sempre data-driven per conseguire i suoi obiettivi. Interpretare i dati e prendere decisioni basate sull’analisi dei dati è essenziale per fare scelte fondate e difendibili davanti al business.

    3 consigli per i giovani che intraprendono adesso una carriera nel mobile marketing?

    1. Seguite Mobile Marketing Italia 🙂 
    2. “Learning-by-doing” è l’unica via per imparare dal momento che i corsi sul tema sono pochissimi
    3. Siate curiosi di sperimentare. Solo così si cresce!

    I Pionieri del Mobile Marketing: Elisa Ferreri – Yunar

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    Elisa Ferreri

    Per la sezione “I Pionieri del Mobile Marketing” questa settimana abbiamo fatto due chiacchiere con Elisa Ferreri, Senior Performance Marketing Manager a Yunar by Ambidexter, una startup innovativa lanciata da Deutsche Bank. 

    Elisa, iniziamo con una domanda semplice, raccontaci in breve il tuo percorso professionale fino ad arrivare a lavorare per Yunar.

    Ciao, prima di tutto grazie mille per l’opportunità che mi avete dato, è davvero un piacere condividere con voi il mio percorso e le mie idee. Mi sono trasferita nell’ottobre del 2011 a Londra per migliorare il mio inglese con il sogno di lavorare in un settore marketing data-driven. Sono entrata quasi per caso nel performance marketing e me ne sono letteralmente innamorata. Ho lavorato per numerosi clienti dal Retail, al lusso, al Travel per poi aver voglia di dare un impatto maggiore all’azienda stessa. Da questo mio desiderio e da numerosi incontri avvenuti durante il mio soggiorno londinese durato 5 anni, ho visto una grande opportunità nelle startups berlinesi. Mi sono trasferita a Berlino nell’aprile 2016 ed ho lavorato per numerose aziende e settori, fino a giungere con grande entusiasmo al progetto Yunar, parte della Deutsche Bank. Yunar è un portafoglio digitale con oltre 2 milioni di downloads.

    Pensando alla tua carriera, qual è un ricordo particolare legato alla tua crescita professionale in ambito mobile che non scorderai mai?

    Ho tantissimi ricordi legati a svariati problemi e dubbi: dal problema di non avere un sito web responsive adeguato o/e troppo lento, al grande interrogativo della funzionalità di uno schermo piccolo come il cellulare, al problema di come avere dati corretti di un utente mobile, al grande boom delle app. Sembra che parli di Preistoria, ma, mentre la direzione del boom del mobile era ben chiara, c’erano tantissimi interrogativi e grandi marchi impreparati. Alcuni lo sono ancora.

    Di cosa ti occupi al momento da Yunar?

    Mi occupo del settore performance marketing, creando strategie su diversi canali ed inglobando il tutto con l’aiuto di altre leve del marketing grazie al mio meraviglioso team.

    Yunar è presente in diverse nazioni Europee. Come cambia l’approccio alle attività digitali a seconda del mercato in cui promuovete la vostra app mobile?

    L’impatto culturale è il primo grande ostacolo: senza un’adeguata ricerca di mercato alle spalle, spesso è difficile proporsi con il giusto linguaggio. Passato questo impatto, si inizia la grande fase di testing, di raccolta dati e analisi per poi ripartire con una strategia più mirata e targetizzata.

    Elisa FerreriParlando un po’ di te, hai iniziato a lavorare nel mobile nel “lontano” 2012. Com’è cambiata l’industria in questi ultimi 8 anni a tuo avviso?

    L’industria è cambiata notevolmente, come ho anticipato. Non si parla più solo ed esclusivamente di siti web responsive, ma spesso l’azienda incorpora o vuole solamente incentrare tutti i suoi sforzi sull’app. Per quanto riguarda i canali, anche qua c’è una differenza abissale con l’introduzione di tantissime nuove piattaforme diverse tra di loro, che parlano anche a persone totalmente diverse. Qua c’è la necessita di segmentizzare il messaggio il più possibile, per poi passare allo scegliere solo i canali più efficaci per il tuo marchio.

    Qual è il tuo canale di acquisizione utenti preferito?

    Sentimentalmente sono molto legata al mio primo canale: Google Adwords, ora Google Ads, ma anche qua, la scelta dei canali di acquisizione deve essere correlata unicamente al proprio marchio/prodotto.

    Qual è quello più efficace invece, in base alle tue esperienze? 

    A mio avviso non c’è un canale di acquisizione univoco, ma tutto dipende dal tipo di messaggio che il marchio/prodotto vuole offrire al suo consumatore potenziale e finale e dal prodotto stesso.

    Uno dei dubbi più frequenti tra i nostri lettori riguarda i KPI da tracciare per valutare le performance delle campagne digitali. Se ne dovessi consigliare uno sopra tutti, quali sceglieresti? 

    Elisa FerreriLavorando con tantissimi verticali, non ce n’è mai uno solo, ma ci sono i KPIs primari e quelli secondari. I KPIs primari sono i principali a cui fare riferimento, perché maggiormente connessi alla realtà business dell’azienda. Quelli secondari invece pongono luce su altri aspetti interessanti, che possono farci riflettere sul brand/prodotto in maniera più innovativa. Non bisogna mai dimenticare che ogni KPI deve essere valutato in base alle performance che si vogliono raggiungere e dal tipo di brand o prodotto che si commercializza. Ogni brand ha un’anima unica che si deve vestire nel modo più consono.

    Qual è un insegnamento del passato che ti sei portata dietro negli anni, e che stai usando nel tuo ruolo attuale?

    Mai avere paura e crearsi preconcetti, ma buttarsi a capofitto nel lavoro testando alla grande, raccogliendo dati, analizzandoli e poi rifinire la strategia nel modo migliore basandosi su dati oggettivi.

    Cosa ti aspetti di imparare invece in questo nuovo anno?

    Mi piacerebbe testare nuovi canali, scrivere di più, rimanendo sempre aggiornata sul nostro settore il più possibile, perché è in continua ascesa. Oltre a ciò vorrei imparare a parlare meglio in pubblico, quindi inizierò ad informarmi maggiormente sull’argomento. Speriamo bene, per il resto non sai mai cosa il futuro possa riservare, quindi attendo che qualche altra novità bussi alla porta.

    In base alla tua esperienza, passando da aziende come Accenture, Zalando e ora Yunar, qual è la competenza più importante che i mobile marketers dovrebbero imparare per emergere nell’industria? Perché la reputi così importante?

    Una grande capacità di analisi è fondamentale nel nostro settore, aver sempre voglia di imparare cose nuove e di guardare sempre da angolazioni diverse ogni problema lavorativo che quotidianamente arriva sulla nostra scrivania.

    3 consigli per i giovani che intraprendono adesso una carriera nel mobile marketing?

    Sicuramente il settore cambierà di nuovo radicalmente nei prossimi anni, ma ci sono consigli che penso rimarranno importanti nonostante le prossime rivoluzioni digitali: quello di credere nel proprio marchio e prodotto, avere grandi capacità analitiche ed aver la volontà di testare a più non posso. Ma penso che le prossime leve avranno tantissimo da insegnare a noi e noi a loro. Il futuro è tutto ancora da scrivere.

    Startup nel Mobile: MiMoto

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    MiMoto

    Per la sezione Startup Nel Mobile, dedicata alle startup Italiane che lavorano nel settore mobile, abbiamo parlato con Vittorio Muratore, uno dei tre soci fondatori di MiMoto, la prima app “made in Italy” di scooter sharing elettronico.

    Ciao Vittorio, iniziamo con qualcosa di semplice, racconta ai nostri lettori chi sei e cos’è MiMoto. 

    Sono uno dei soci fondatori e assieme ai miei compagni di avventura Alessandro Vincenti e Gianluca Iorio abbiamo fondato MiMoto, servizio di scooter sharing elettrico e made in Italy oggi attivo nelle città di Milano, Torino e Genova e che ha rivoluzionato il concetto di mobilità urbana. Un servizio innovativo, “Smart & Green” per rendere più facile, divertente e sicura la vita degli abitanti delle nostre città, che potranno noleggiare scooter elettrici e quindi ecosostenibili semplicemente attraverso l’App sul proprio smartphone. MiMoto, dopo essere stata artefice dell’inserimento dello scooter sharing nel nuovo paniere ISTAT italiano, a testimonianza di come sia riuscita a cambiare gli usi e le abitudini dei cittadini, genera vantaggi non solo per i propri fruitori, ma anche per le città che ospitano il servizio, di pubblica utilità ed è fiero alleato alla lotta contro l’inquinamento atmosferico e acustico, il traffico e la mancanza di spazi di parcheggio.

    Il concetto di “smart mobility” è ormai diventato una realtà in Italia. Raccontaci com’è nata l’idea di lanciare un servizio tutto “made in Italy” in un settore molto competitivo come quello della mobilità? 

    L’idea di MiMoto è nata davanti ad una pizza con i miei attuali soci quando arrivò in Europa il car sharing. Studiando questa nuova soluzione, abbiano notato che non risolveva problemi come traffico o parcheggio ed, essendo convinti che lo scooter sia il mezzo migliore e adatto a muoversi in città, ci siamo chiesti se poteva essere una buona idea replicare lo stesso business con dei mezzi a due ruote e ovviamente ecosostenibili. Il resto è storia.

    Il modo di muoversi in città sta cambiando, ad oggi abbiamo tantissime opzioni per andare da un punto all’altro della città. Cosa rende differente MiMoto dalle altre offerte sul mercato? 

    A parte il giallo intendi? 🙂

    Scherzi a parte, il modo di muoversi in città è già cambiato e di questo ci sentiamo un po’ complici, in senso positivo ovviamente. MiMoto è iniziato come un servizio utile alla comunità per spostarsi agevolmente da un punto A ad un punto B della città, ma uno degli elementi fondamentali è l’experience. E’ come quando un marinaio che per una vita è andato in barca a motore e da un giorno all’altro decide di andare in barca a vela. I venti sono gli stessi, il rispetto da portare a mare è lo stesso, ma il mood è diverso e la pancia reagisce in maniera differente. E’ questa sensazione che vogliamo replicare sui nostri utenti. Avete presente quando si dice che per sentirsi vivi bisogna fare sempre qualcosa per la prima volta? Ecco, noi abbiamo messo in sella decine di migliaia di persone per la prima volta su un elettrico. 

    A causa del COVID-19, molte aziende si sono dovute reinventare o semplicemente attendere che “il peggio passasse”. Come avete affrontato questo momento difficile a MiMoto? 

    MiMoto Smart MobilityNessuno si poteva aspettare l’arrivo del COVID-19 né tanto mento quello che avrebbe comportato. Come potete immaginare, un Decreto Legge che si chiama “io resto a casa” è poco compatibile con un servizio di mobilità come quello di MiMoto per cui alla luce dell’assenza di domanda e consapevoli che avremmo dovuto rivedere le procedure interne per garantire la sanificazione dei mezzi, abbiamo sospeso il servizio per un paio di mesi scarsi, tranne che per alcuni scooter che abbiamo dato per consegnare farmaci durante il periodo più complicato a causa dell’emergenza.

    Questo periodo ci ha permesso, non solo di rivedere le procedure per garantire un mezzo sempre sanificato e sicuro per i nostri clienti, ma abbiamo pensato anche ad una offerta per le aziende che, tramite noi, potranno promuovere la mobilità sostenibile ai propri dipendenti, oppure utilizzare i nostri scooter per fare delivery dei propri prodotti. Abbiamo sempre pensato che MiMoto fosse un servizio di utilità pubblica per cui siamo felici di essere tornati al servizio della comunità. 

    Nata nel 2017, MiMoto ad oggi è presente in 3 città italiane (Milano, Torino e Genova). Come scegliete le città in cui espandere la vostra offerta? 

    Esatto, oggi siamo presenti in tre città e se non ci fosse stato il Covid avremmo allargato i nostri confini, ma le nuove aperture sono solo rimandate. La scelta è dettata da molteplici fattori: dalla situazione geomorfologia del territorio al clima, dall’analisi della domanda alla situazione del trasporto pubblico, dalla presenza del target al potere di portafoglio, dalla propensione all’utilizzo delle due ruote alla presenza di servizi analoghi in città. 

    Da un punto di vista imprenditoriale, come è nata la scelta di puntare su un prodotto esclusivamente mobile?

    MiMoto Micromobilità

    Come dicevo qualche riga su, uno dei nostri principali vantaggi competitivi è la user experience pertanto non potevamo prescindere dal mobile. MiMoto, infatti, è stato il primo scooter sharing al mondo completamente keyless. Lo smartphone che ormai è un prolungamento del nostro braccio è lo strumento abilitatore di un’esperienza nuova e divertente. 

    A MiMoto ti occupi anche del team marketing, raccontaci su quali canali vi siete concentrati per crescere la vostra base utenti. 

    Come racconto sempre, l’approccio di MiMoto per sua natura è un mix di digitale e territoriale. Per definizione siamo un business prevalentemente digitale, ma uno dei nostri punti di forza è la presenza degli scooter in strada. Ho ribattezzato il nostro approccio DIGIFIELD proprio perché a metà tra digitale (Social e Google sono i canali principali) e territoriale (con eventi, flash mob). 

    Se potessi tornare indietro, cosa faresti diversamente da un punto di vista marketing per sostenere la crescita di MiMoto? 

    Probabilmente meno volantinaggio (che inizialmente era l’unica maniera per promuoversi a basso costo) davanti alle metro e avrei preteso molto prima la funzionalità “invita un amico” dato che il passaparola positivo è una delle armi migliori da giocarsi per servizio come quello di MiMoto

    Se non avessi restrizione di budget, quale attività marketing aggiungeresti a quelle attuali?

    Come dicevo, per noi è fondamentale essere presenti sul territorio per cui se avessi budget illimitati e non dovessi preoccuparmi del ROAS di campagna, farei tanta OOH. 

    Quali consigli daresti, in termini di sviluppo del business ed acquisizione utenti, agli imprenditori che stanno pensando di lanciare un servizio legato al settore mobile?

    Dipende dal tipo di servizio. Mi sentirei di dire di fare più test per trovare la strada più performante 

    Un’ultima domanda per guardare al futuro. Cosa ci possiamo aspettare da MiMoto nei prossimi 12 mesi? 

    Domanda da 100 mila dollari. Onestamente, vista la situazione di emergenza mondiale in cui è difficile fare previsioni a un mese, dirti dove saremo fra 12 mesi è un po’ un azzardo. Quello che posso dirti è che l’obiettivo di MiMoto non è cambiato: vogliamo continuare ad essere il punto di riferimento del mercato italiano e ci piacerebbe completare l’offerta di micromobilità rendendo disponibili ai nostri utenti altri mezzi leggeri ed ecosostenibili per differenti tipologie di spostamento.

    Startup nel Mobile: PunchLab

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    PunchLab

    Per la sezione Startup Nel Mobile, dedicata alle startup Italiane che lavorano nel settore mobile, abbiamo parlato con Valerio Raco, CEO e Co-fondatore di PunchLab, l’app per per allenarsi al sacco e migliorare il proprio stile di boxe. 

    Ciao Valerio, raccontaci in breve chi sei e cos’è PunchLab.

    Ciao a tutti i lettori di Mobile Marketing Italia, sono un appassionato di sport da combattimento e di analisi di dati. PunchLab nasce un po dalla combinazione di questi due aspetti. Si tratta infatti di un’app per analisi agonistica dell’allenamento al sacco da boxe. Usando i sensori di un comune smartphone, che viene attaccato al sacco da boxe tramite una fascetta elastica, PunchLab è in grado di misurare i colpi che vengono sferrati e generare statistiche in tempo reale, nonché analisi storiche degli allenamenti. Può essere definito come una sorta di runtastic per il pugilato.

    Come è nata questa idea imprenditoriale? Perché puntare su un prodotto mobile?

    PunchLab è nato da un bisogno personale. Qualche anno fa ho comprato un sacco da appendere in garage. Come spesso accade, passato l’entusiasmo iniziale ho cominciato a far fatica a trovare la motivazione necessaria per continuare ad allenarmi. In assenza di un allenatore, avevo bisogno di qualcosa che potesse aiutarmi a pormi degli obiettivi e che mi aiutasse a monitorare i miei progressi. Per mia sorpresa non esistevano tecnologie simili sul mercato, quindi ho deciso di costruirne una io. Sapevo che avevo bisogno di un accelerometro, per questo usare uno smartphone mi è sembrato il modo migliore per testare la mia ipotesi. Ovviamente, il fatto che siamo mobile e non abbiamo bisogno di hardware esterni adesso è il nostro principale punto di forza. 

    Il claim “Dare to fight” sul vostro sito inquadra bene la nicchia di riferimento. Come mai la scelta di focalizzarsi sul segmento di mercato della boxe, piuttosto che andare sul fitness più generale?

    Ci sono decine di app di fitness, e sinceramente iniziano ad assomigliarsi tutte un po’ troppo. Gli sport da combattimento non hanno mai goduto di molto interesse dal mondo tech, quindi per il momento restiamo fedeli alla linea e ai nostri utenti. Inoltre la boxe e gli sport da combattimento sono sempre stati la mia passione.

    Quali sono i principali competitors di PunchLab e come vi differenziate da loro?

    Tra i nostri competitors diretti abbiamo aziende come Fight Camp, usciti da 500 startups e YCombinator, o PIQ che é stato già acquistato da Everlast, Corner e Striketec. Quattro competitors, tutti decisamente più avanzati di noi dal lato business. Nonostante ciò tutti e quattro utilizzano la stessa tecnologia: un paio di sensori bluetooth da mettere nei guantoni. Come tutti gli hardware bluetooth, anche questi si rompono, si perdono e si scaricano spesso. Senza contare che hanno costi molto elevati sia per l’utente che per l’azienda che li produce. La nostra soluzione è 100% software, il che ci rende più veloci, più lean e ci permette di focalizzarci su quello che conta veramente: motivare i nostri utenti ad allenarsi, tramite l’uso di elementi di gamification e social.

    Qual è il vostro modello di monetizzazione?

    Al momento offriamo le classiche sottoscrizioni Apple e Google. Ma stiamo lavorando per creare un vero e proprio marketplace di allenamenti dove gli allenatori possono creare e distribuire i propri contenuti agli utenti.

    Quali sono i vostri mercati di riferimento principali? Quali quelli in programma per il 2020?

    Con un pizzico di incoscienza abbiamo puntato agli USA dal giorno uno. La scommessa ha pagato poiché ad oggi, il 70% dei nostri clienti viene dall’America e abbiamo mandato le nostre fascette in più di 60 paesi. Continueremo a spingere sugli stati uniti perché è un mercato decisamente più maturo per le app di fitness, ma abbiamo da sempre usato l’Italia un po’ come banco di prova per lo sviluppo di nuove features e collaborazioni con palestre. Il 2020 sarà un anno molto importante per noi, è ora che si inizia a testare il fitness post-lockdown e noi ci troviamo in un certo senso nel posto giusto al momento giusto. 

    È di pochi giorni fa la bella notizia della chiusura di un nuovo round di investimento. In che ottica si posiziona ora una startup come PunchLab rispetto a grandi player internazionali?

    Diciamo che questo investimento non poteva arrivare in un momento migliore: gli sport da combattimento si potrebbero considerare una nicchia-non-nicchia, in quanto contano più di 13 milioni di persone solo negli stati uniti. Ma mentre per le app di fitness “generalistiche” è in atto una durissima lotta per prendersi una fetta significativa del mercato, tecnologie per gli sport come il nostro sono rare o non esistenti. Noi, quindi, ci troviamo già dopo pochi anni come leader del settore continuiamo a guadagnare terreno rispetto ai nostri competitors diretti. 

    Come ha influito il Coronavirus sui vostri piani di espansione?

    punchlab appAbbiamo completamente stravolto il nostro piano di sviluppo e economico mid-due diligence! È stato incredibile, in due mesi abbiamo creato un’intera piattaforma per gli allenatori per permettergli di continuare a seguire i loro atleti a distanza e inviare allenamenti tramite l’app. Questo ha aperto le porte a quello che sta piano piano diventando un marketplace di allenamenti. Prima del virus avevamo una versione per palestre che gli permetteva di creare allenamenti sincronizzati con leaderboards in tempo reale su più sacchi differenti all’interno della stessa palestra. Prima di settembre trasporteremo tutto online permettendo agli allenatori di creare classi live e ricevere i dati degli utenti in tempo reale dovunque si trovino. Da un punto di vista vendite abbiamo riscontrato subito un aumento di cinque volte quando gli stati uniti sono entrati in lockdown. Questo ha sicuramente aiutato a chiudere un round di finanziamento in piena pandemia.

    Da un punto di vista marketing, dove avete focalizzato i vostri sforzi quando avete lanciato l’app PunchLab?

    Essendo un servizio per un target ben definito di utenti, le pubblicità di facebook funzionano particolarmente bene e hanno costi di acquisizione molto bassi. Inoltre come tutti gli sport, anche la boxe è un mercato dominato da “influencers”, nel nostro caso fighters e allenatori famosi. Influencers marketing funziona specialmente bene perché abbiamo la possibilità di far fare a questi atleti e allenatori workouts da mettere nell’app, creando quindi un valore reale per i nostri utenti che va oltre il semplice endorsement su Instagram.

    Come è composto il team di PunchLab al momento? Quante persone si occupano di acquisizione utenti?

    Fino ad oggi abbiamo lavorato soprattutto con freelancers. Questo ci ha permesso di rimanere estremamente lean fino a quando non abbiamo ottenuto i finanziamenti necessari per espandere il team in piena sicurezza. Oggi questi finanziamenti sono finalmente arrivati e stiamo iniziando a il processo per inserire questi collaboratori esterni all’interno del team. Al momento continuo ad essere io ad occuparmi della user acquisition e del marketing in generale insieme ad un collaboratore che lavora direttamente dagli USA. Prima di settembre allargheremo ulteriormente il team con due nuove figure. 

    Quanto è importante l’App Store Optimization quando si ha un budget limitato?

    Estremamente importante per il business. Sebbene gli investitori sembrano voler vedere i dati che vengono da canali di acquisizione “scalabili” come l’advertising, questi raramente sono strumenti di marketing sostenibili da una startup early stage. ASO e SEO amplificano qualunque altra operazione di marketing e possono dare risultati importanti senza bisogno di budget stratosferici. Inoltre bisogna sempre sottolineare che un utente organico vale 10 utenti acquisiti tramite ads, perché è un utente con un problema reale che stava attivamente cercando una soluzione.

    Investite al momento in acquisizione utenti a pagamento? Se si, quali sono i principali canali di acquisizione? Se no, perché?

    Si, principalmente Facebook e instagram ads. Non ancora con l’intenzione di scalare questi canali ma per testare nuove features e le nostre assunzioni di base. Avendo già un bel bacino di utenti paganti, Facebook ci permette di fare Look-a-like audience e ottimizzare per eventi in app. I risultati sono estremamente buoni a fronte di un setup e manutenzione minimi. 

    Quali consigli daresti, in termini di sviluppo del business ed acquisizione utenti, agli imprenditori che stanno pensando di lanciare un servizio legato al settore mobile?

    Pensa in piccolo. Trova il tuo minimum viable market e li acquisisci i primi 10, 100, 1000 utenti che non vedono l’ora di usare il tuo prodotto. I primi utenti li troverai parlando su un blog, commentando un post di Facebook, o nella palestra di boxe sotto casa. Parti da un gruppo ben definito di persone e scordati di tutto il resto. Soprattutto dimenticati di concetti come market size e proiezioni da qui a 5 anni. Tutte cose che arriveranno più in fretta se ti focalizzi su un solo tipo di utente e un solo caso d’uso.


    Ringraziamo Valerio per la sua disponibilità e per averci raccontato il suo percorso imprenditoriale e la storia di PunchLab.

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