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Una Guida Pratica all’Ad Monetization

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Ad monetization.

Questa parola apparentemente complessa indica in realtà un concetto molto semplice: ottenere un ricavo economico (revenue) dal proprio sito web, blog o app, attraverso la pubblicità.

La guida che segue è rivolta a tutti coloro che siano interessati al mondo delle app, che si tratti di sviluppatori o di digital marketers che abbiano bisogno di modi nuovi, o semplicemente diversi, di monetizzare attraverso la pubblicità.

Mi sono proposto di spiegare, nel modo più semplice possibile i 5 aspetti che più di tutti possano riassumere l’argomento, il quale, ora come non mai, ricopre un ruolo prominente e per nulla trascurabile quando si parla di Ad Monetization.

Eccoli:

1- IAP e IAA

2- Campagna Branding o Campagna Performance 

3- Tipi di pubblicità 

4- Tipi di Bid

5- eCPM

1- IAP e IAA

Avete presente quelle applicazioni che, pur essendo gratuite, sono fatte talmente bene da convincerci a comprare contenuti a pagamento? Queste app appartengono al regno che in inglese è chiamato “freemium”, sono cioè gratuite ma ci danno la possibilità di scaricare contenuto premium solamente a pagamento (come per esempio Spotify o Skype). Questa forma di monetizzazione si chiama IAP (in-app purchase) e rappresenta il metodo classico di ottenere un ricavo tramite un’app. 

Un secondo ma altrettanto efficace metodo di monetizzazione è il cosiddetto sistema IAA (in-app advertisement) dove, come il nome suggerisce, pubblicità di terze parti (gli advertiser) vengono mostrate all’interno dell’app (il publisher), attraverso l’uso di ad network che permettono di mettere in comunicazione advertiser e publisher, fungendo da mediatori tra domanda ed offerta. 

2- Campagna branding o campagna performance?

Campagna BrandingFingiamo per un attimo di essere i proprietari di un’app. Abbiamo deciso che è arrivato il momento di guadagnare attraverso l’ad monetization, e ci sono due inserzionisti (o advertisers) che sono disposti ad inserire i loro contenuti pubblicitari nella nostra app.

Il primo è un nuovo negozio di tecnologia che ha appena aperto e vuole creare traffico sul proprio sito perché ha bisogno di farsi conoscere da potenziali clienti. Il secondo è uno sviluppatore che vuole ottenere il maggior numero possibile di download per la sua app mobile. Il negozio di tecnologia sceglierà una campagna branding, mentre lo sviluppatore una campagna performance.

Cosa significa?

Il concetto alla base di una campagna branding è associare un messaggio positivo al proprio marchio, il brand, e non necessariamente persuadere l’utente a effettuare un acquisto nel momento della visualizzazione della pubblicità. Il negozio di tecnologia avrà bisogno di essere conosciuto dai potenziali clienti in modo che, quando questi avranno bisogno di comprare un nuovo gadget, si ricorderanno del negozio grazie alla campagna.

Per contro, una campagna performance ha come obiettivo un’azione vera e propria da parte dell’utente, azione molto spesso corrispondente al download di un’app. Lo sviluppatore di videogiochi per smartphone vuole che la sua creazione venga scaricata il più possibile, per poter iniziare a guadagnare seriamente.

È importante sottolineare che, a seconda del tipo di campagna scelta dall’advertiser, il modello di costo sarà diverso. Ne parleremo più avanti, nella sezione denominata “tipi di bid”.

3- Tipi di pubblicità

Ora che abbiamo analizzato la differenza tra i tipi di campagne e i loro obiettivi, possiamo soffermarci su alcune tipologie di pubblicità a nostra disposizione. Che scelte abbiamo? Ne possiamo identificare principalmente quattro: rewarded video, interstitial, offerwall e native.

Rewarded VideoAttraverso i cosiddetti rewarded video, l’utente può ottenere un contenuto premium in cambio di una visualizzazione di un video pubblicitario all’interno dell’app. Se l’utente decide di scegliere di guardare il video, ottiene la ricompensa e in questo modo ha la possibilità di accedere al contenuto premium senza dover necessariamente acquistare risorse con denaro reale (IAP). Questo è un esempio di pull-ad, nel quale è l’utente che sceglie se guardare la pubblicità o no.

Interstitial Ad

Un secondo esempio è dato dagli interstitial, un tipo di pubblicità a tutto schermo che, come il nome suggerisce, appare durante la transazione tra due fasi di gioco/utilizzo dell’app ed appartiene alla categoria dei push-ads, ovvero banner e video che vengono mostrati (“spinti”) dall’app in momenti ben precisi (alla fine di ogni livello in un videogioco, per esempio), a prescindere dalla volontà dell’utente.

 

OfferwallGli offerwall sono pagine con una lista di offerte che permettono agli utenti di ottenere delle ricompense in cambio di azioni specifiche, come iscriversi ad una newsletter, installare un gioco e  raggiungere il livello X o semplicemente guardare un video.

 

 

Native AdsParliamo infine di pubblicità native quando l’ad si adatta all’interfaccia dell’app, per essere più coerente e, quindi, sembrare parte della app stessa (nativa appunto). Se la pubblicità compare semplicemente in una parte ben precisa dell’app, senza modificare la nostra navigazione o la percezione generale della schermata (per esempio in cima o in fondo alla user interface), la si chiama banner.

 

Chiaro? Ora tutto ciò che è rimasto da fare ai due advertiser è scegliere l’opzione che meglio si adatta alle loro esigenze. Ciò significa anche scegliere il modello di costo e pagamento più appropriato.

4- Tipi di bid: CPM o CPA?

È giunto il momento che i nostri due advertiser paghino le loro pubblicità.

In questo caso, i tipi di bid (letteralmente “offerta” come durante un’asta) che prenderemo in considerazione sono due:

  • CPM (cost per mille)
  • CPA (cost per action)

Entrambi si basano sugli obiettivi iniziali della campagna (branding o performance).

Scegliere un bid CPM significa pagare ogni mille visualizzazioni della pubblicità (le cosiddette impressions o views), a prescindere dal fatto che l’utente le clicchi o no. Al contrario, un tipo di bid CPA è una scelta che più si adatta a chi volesse pagare ogni azione vera e propria effettuata dall’utente (un acquisto o un’iscrizione, per esempio). Quando quest’azione è l’installazione di un’app, si parla di CPI, o cost-per-install, ovvero l’advertiser pagherà ogni qual volta una sua pubblicità abbia generato un install.

Una campagna branding, che come abbiamo visto ha come obiettivo la diffusione del marchio, si baserà normalmente su un tipo di bidding CPM, cioè un sistema basato su un pagamento ogni mille visualizzazioni della pubblicità (il prezzo è dato in primo luogo dalla concorrenza).

Se invece abbiamo optato per una campagna performance, dovremo scegliere un bid CPA (o CPI), dovremo cioè pagare ogni azione vera e propria fatta dall’utente (ogni volta che l’utente scarica la app, l’advertiser dovrà pagare una cifra impostata precedentemente, per esempio 5 euro).

5- eCPM

L’acronimo sta per “effective cost per mille” e rappresenta l’unità di misura standard che i publisher possono utilizzare per confrontare tutte le pubblicità che appaiono nella loro app, siano esse basate su CPM o CPI. Come funziona?

Come accennato, il negozio di tecnologia opterà per una campagna CPM e lo sviluppatore di videogiochi una CPI, perché, come abbiamo visto prima, si tratta di campagne con due diversi obiettivi: il primo branding mentre il secondo performance.

Poniamo che il negozio sia disposto a pagare 2 euro per 1000 impressions (quindi CPM di 2 euro, e 0,002 euro per ogni impression) e lo sviluppatore 5 euro per ogni installazione del videogioco: come possiamo comparare direttamente questi tipi di bidding che appaiono molto diversi?

Per poter confrontare in maniera univoca le pubblicità, a prescindere dal modello di bidding usato, si deve trasformare il CPI in eCPM: si prende il CPI pagato dallo sviluppatore di videogiochi e lo si divide per mille, traducendo così il costo di ogni install nel costo per ogni singola view. 

Potrebbe sorgere spontanea una domanda: perché non lo possiamo chiamare semplicemente CPM? Perché in realtà l’eCPM è una stima, quanto mi aspetto di pagare per ogni mille visualizzazioni dell’annuncio quando il bidding non si basa su di esse, mentre il CPM è un costo certo per ogni 1000 pubblicità mostrate.

Tornando all’esempio, se il CPI è di 5 euro, l’eCPM sarà 5/1000, cioè 0,005 euro: ogni 1000 visualizzazioni mi aspetto un install che pagheró 5 euro e quindi  “diluisco” il mio costo su tutte le volte in cui l’annuncio é stato mostrato.

Sostanzialmente il CPI viene trasformato in CPM per poter paragonare direttamente campagne performance e branding e, in questo modo, il publisher può dare priorità alla campagna che paga di più e misurare facilmente il proprio ricavo.

Questo è (quasi) tutto per quel che riguarda le basi della ad monetization per app mobile.

Siete pronti a monetizzare la vostra app attraverso la pubblicità?

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