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Black Hat ASO: il lato dark dell’App Store Optimization

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Lanciare un’app e trovare una audience è difficile, richiede tempo e impegno, soprattutto ora che creare applicazioni mobile è molto comune e gli utenti hanno fame di nuove piattaforme. Per questo alcuni utilizzano il Black hat ASO. Se non sapete cos’è vi diamo un indizio: ha a che fare con trucchi e metodi che le persone usano per aumentare i ranking delle proprie app, ricevere più popolarità e guadagnare di più. Tuttavia, se si analizza cos’è nello specifico, si realizza velocemente che è illegale: ecco perché è fondamentale sapere cos’è, come funziona e perché si dovrebbe evitarlo. 

Cos’è il Black hat ASO?

Per Black Hat ASO si intende una pratica illegale che utilizza varie tecniche per aumentare la visibilità della app e il suo ranking, senza rispettare le regole e le linee guida degli App Store. Queste tecniche proibite potrebbero portare a un improvviso ma temporaneo aumento nel numero dei download, un risultato più quantitativo che qualitativo.

Forse potreste aver sentito parlare di black hat SEO, che è usato nei motori di ricerca per ingannare il sistema: il black hat ASO è simile ma riguarda gli App Store. Se non siete esperti di ASO vi consigliamo questa guida e questo articolo per leggere un’introduzione sull’argomento. 

L’ASO è, infatti, l’opposto del black hat ASO, ovvero la versione legale e standard grazie alla quale i developer migliorano la visibilità e posizione della loro app.

Perché alcuni sfruttano il black hat ASO?

Questa domanda ha molte risposte ma la ragione più importante è legata al desiderio di scalare le classifiche con la propria app, cosa che può essere difficile se nell’App Store ce ne sono già altre affini popolari e di successo (il che è quasi sempre la norma): la competizione è molto grande e può essere difficile riuscire nei propri obiettivi. Come abbiamo già riportato in precedenza nell’Apple App Store ci sono 1.96 milioni di app e su Google Play Store 2.87 milioni. Secondo Build Fire il 21% dei millennials apre una app più di cinquanta volte al giorno.  Proprio per questo spiccare tra i tanti è complicato e richiede tempo, ma non tutti sono disposti a lavorare duramente per affermarsi.

Come funziona il black hat ASO?

Questo tipo di ASO sfrutta metodi illegali, proibiti e scorretti, per incrementare la visibilità e popolarità di una app, quindi i suoi download organici. Sia Google Play che App Store sono contrari a queste pratiche. Per chiarire meglio come funziona analizzeremo le varie tecniche in seguito.

Keyword stuffing

Il keyword stuffing è forse il trucco più vecchio, nato quando  i developer di siti e app hanno capito come funzionavano i motori di ricerca. Le parole chiave, o keyword, sono infatti quelle parole utilizzate dagli utenti nelle ricerche sul web (o sugli Store): più una tal keyword è precisa e popolare, più la propria pagina/app  sarà ritenuta rilevante (e quindi resa più visibile) dal motore di ricerca. 
L’utilizzo delle keyword è originato dal SEO ma la pratica si è diffusa anche nell’ambito dell’ASO. Qui possiamo vedere come l’utilizzo eccessivo delle parole chiave sia presente in entrambi i campi.

Nel SEO un esempio di keyword stuffing può essere creare un URL che contiene non solo le parole essenziali alla ricerca (es. Facebook, app, play store) ma anche molte altre keyword non necessarie, che servono a rendere il prodotto raggiungibile attraverso molti più tipi di ricerca sul web (es. Facebook, app, Play Store, games, fatlion, crafting, dating, teen, high school, romance..).

Questo processo può essere sfruttato anche nell’ App Store riempiendo le descrizioni delle app di tante parole chiave che, da una parte non sono strettamente collegate al servizio offerto, e dall’altra sono composte soprattutto da sinonimi. Se ad esempio si vuole lanciare un gioco sulla moda si può cercare di inserire più parole chiave possibili riguardanti moda, fashion world, crafting game, girls e così via. Le descrizioni nate sotto questa tecnica non sono scritte per le persone ma per l’algoritmo, risultano difficili da leggere e a volte non hanno neanche senso. 

Usare keyword irrilevanti 

A volte l’utilizzo sfrenato delle keyword di cui abbiamo parlato prima arriva all’eccesso e porta all’inserimento nelle descrizioni, o addirittura nei titoli, di parole che non hanno niente a che vedere con l’app stessa ma che servono solamente a includere altri temi popolari; può succedere che, addirittura, queste parole chiave includano nomi di altri brand e competitor.

Quando iOS8 fu lanciato Apple introdusse una nuova feature: nasceva la sezione trending nella ricerca che permetteva a tutti di vedere quali app erano più popolari. Questo tool è stato utilizzato da quel momento dai programmatori di black hat ASO per aggiungere nei loro metadata le keyword presenti in questa lista, anche quelle non collegate all’app. Per esempio nel periodo natalizio  aggiungere la keyword Natale alla descrizione della propria app può sicuramente aumentare la visibilità ma probabilmente può anche venire definita una tecnica illegale. Invece di seguire questo trend si può provare a ottimizzare le proprie keyword in maniera legale. 

Installazioni false 

Tra gli elementi più importanti da considerare c’è il numero di installazioni di un’app. Il processo è semplice: più download, più chance di finire nella Top Chart. Perciò non è difficile capire come una delle preoccupazioni principali di chi usa il black hat ASO riguardi proprio questo argomento. Ecco qui alcune delle tecniche utilizzate:

  • Pagare delle persone per installare l’app (traffico incentivato)
  • Usare bot per installare l’app 
  • Chiedere agli utenti di usare una specifica keyword per cercare l’app e poi installarla (search incentivized installs): questo approccio aumenta l’index del CTR e la posizione organica della keyword
  • Assumere una compagnia con un network di persone reali che installeranno l’app in cambio di una ricompensa 

Sebbene il black ASO dia una spinta iniziale, la crescita non rimane costante nel tempo, perché l’app non serve davvero agli utenti o non è stata scaricata in base a necessità effettive, quindi lo user engagement crolla. In questo caso gli utenti sono soliti usare l’app molto poco oppure disinstallarla subito dopo essere stati pagati. 

Source: Mobile action

Rating e recensioni falsi

Le recensioni e i voti che vengono dati ad un’app sono essenziali per convincere un utente a scaricarla. Più alti sono i rating, più persone vorranno l’app.

Il problema riguarda però come e quando chiedere agli utenti di scrivere una recensione o valutare l’app: a volte il momento potrebbe non essere quello giusto o le persone potrebbero non voler dare la loro opinione a meno che l’app non sia eccellente.  Quello che accade con il black hat ASO consiste nel pagare gli utenti per ricevere buone recensioni e voti, o avvalersi delle compagnie che offrono questo servizio. 

Non è semplicissimo, per questo motivo, capire quali sono i commenti veri e quali no, ma ci si può avvalere di qualche trucco: normalmente queste recensioni vengono pubblicate tutte nello stesso giorno e gli utenti che le pubblicano non hanno una immagine del profilo, a volte neanche il nome. Perché? Perché di solito questi commenti sono generati da dei computer in automatico.

Google ha cercato di arginare il danno negli ultimi anni, migliorando i filtri e bannando in automatico quelle review che non sembrano autentiche. Bisogna considerare, inoltre, che può capitare che alcune di queste tecniche sopra elencate siano, a tratti, considerate legali e per questo vengano definite una zona grigia.

Source: mobile action

 

Nomi dei developer falsi

A volte i developer potrebbero cambiare il loro nome e utilizzare emoji e numeri per far cadere in equivoco l’utente: mettere al posto del nome cinque stelle o “+50000 download” fa pensare a chi scarica l’app che essa sia di qualità, perché equivoca quei nomi falsi per recensioni e numero di installazioni. Chi attua questa tecnica molto spesso viene bannato da App Store o Google Play. 

Attaccare i competitor

Una delle tecniche più sleali è quella di attaccare i competitor, pubblicando delle (false) recensioni negative sulle app altrui o affidando a una terza parte il compito di creare account reali o bot per scaricare, usare e valutare con voti bassi le app dei rivali per indebolirli. Così alcuni riescono a battere gli avversari nelle classifiche. 

Usare traffico bot

Alcuni programmatori hanno creato dei software che imitano i comportamenti di un utente nell’App Store: possono cercare, scaricare e usare un’app come persone reali e farlo in pochi minuti!

Per fortuna Google Play Store, Apple App Store e altre piattaforme hanno cambiato il loro algoritmo, concentrandosi sulla qualità, non la quantità dei download; adesso non viene considerato solamente il numero di installazioni, ma anche lo user engagement e l’app retention. Inoltre, capita spesso che prima di scaricare qualcosa o accedervi venga chiesto di identificare alcune immagini, cosa che un bot non riesce a fare.

Manipolare le top charts

Fra le varie classifiche possiamo vedere le top trending, best app o top grossing: quest’ultima riguarda le app con più valore. 

Quello che alcuni programmatori fanno è aumentare il prezzo delle loro app, a volte raggiungendo migliaia di euro. A quel punto dei complici comprano queste app e vengono poi rimborsati dai developer. In teoria però l’app così riceve molti soldi, il che fa aumentare il suo valore. 

Appena raggiungono la Top Chart il prezzo viene abbassato, ma la visibilità è stata guadagnata in tempi record. Tuttavia questo non può più essere fatto nell’App Store perché, nel 2017, Apple ha rimosso la top grossing chart; Google Play però la mostra ancora. 

Copiare app popolari

Se si va in un supermercato ci si accorgerà che ci sono alcune marche che imitano quelle più popolari per vendere di più: questo accade anche con le app, con alcuni developer che sviluppano app molto simili, per funzionalità e grafica, a quelle più conosciute. 

Ciò succede spesso con app come Facebook, Messenger e Whatsapp, ma il plagio non si limita a queste tre; nonostante l’App Store ponga l’App originale in prima posizione e aggiunga un check verde accanto, molti sbagliano e scaricano comunque app non ufficiali. Questo processo non è comunque molto favorevole ai programmatori perché, appena l’utente si accorge che l’App che ha scaricato non è quella che voleva, la disinstalla, diminuendo lo user engagement (come abbiamo già visto con le installazioni false). 

Source: Mobile Marketing Masterclass

 

Perché non bisognerebbe usare il black hat ASO?

Vorreste essere descritti come falsi, amorali, bugiardi, sleali e criminali? Certamente no, e probabilmente non vorreste che la vostra app venga considerata tale. 

Se non siete convinti, ecco alcune ragioni per non sfruttare il black hat ASO:

  1. I programmatori che usano queste tecniche vengono sconsigliati e bannati negli Store
  2. Gli Store normalmente sconsigliano o eliminano l’App dalla loro offerta per ripetute violazioni al regolamento 
  3. Il black hat ASO dà dei risultati rapidi ma poi porta a perdite consistenti 
  4. Usare queste pratiche vuol dire manipolare e truffare l’algoritmo e questo può portare a gravi conseguenze, anche legali
  5. Non si avranno dei clienti leali e affezionati; la maggior parte delle persone disattiverà o disinstallerà l’App dopo poco
  6. Molti non si fideranno della app
  7. Il black hat ASO porta ad avere bassi livelli di user engagement e retention
  8. Ci si espone a ricevere molte recensioni negative

In breve possiamo concludere che usare queste tecniche porti a delle sostanziali perdite a lungo termine e per questo sia sconveniente. 

Conclusione

Se la vostra app è valida il successo arriverà. È sconveniente usare i trucchi del black hat per motivi etici e pratici: è consigliabile usare invece il white hat ASO che può portare a dei grandi benefici e vantaggi. 

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